Tappa conclusiva del mio viaggio virtuale; dopo l'innevata Norvegia e la magica Germania del Seicento sono approdata in Israele, a Gerusalemme.
Due in Uno è stato una vera scoperta per me. Il titolo e la magnifica copertina racchiudono l'essenza del romanzo: la dualità del Paese stesso, delle due culture che cercano di convivere, che si scontrano e si attraggono, il divario tra modernità e tradizione, la doppiezza dell'essere umano, non in senso negativo, ma di personalità (e desideri) che abitano nella stessa mente e che lottano tra di loro, volendo prevaricare l'una sull'altra. L'umano scontro tra ragione e sentimento, tra essere e apparire.
Il ritrovamento casuale di un biglietto scritto dalla moglie in un'edizione di seconda mano del racconto La sonata a Kreutzer - mai riferimento fu più azzeccato! - scatena una serie di eventi inaspettati nella vita di un affermato avvocato arabo che esercita nella Beverly Hills di Gerusalemme. Accecato dalla gelosia, il suo io passionale, tradizionalista, conformista, cerca di prendere il sopravvento sull'uomo che ha raggiunto il suo tanto ambito status.
Parallelamente il giovane Amir, arabo anche lui, racconta la sua storia, a partire dal tirocinio presso il consultorio.
Capitolo dopo capitolo le storie prendono forma, ne nascono di nuove, appassionano.
Non scriverò una parola di più sulla trama, sarebbe un peccato perché è un libro da scoprire.
Sayed Kashua, che ha scritto il romanzo in ebraico, riesce a fondere la cultura ebraica e palestinese scrivendo non di israeliani e palestinesi, ma di uomini, esseri umani accomunati da quei tratti che caratterizzano la nostra personalità, a prescindere da razza e religione, esasperandoli fino al limite del comico, del tragico e del cinismo.
Kashua è un attento osservatore della natura umana, è divertente - e dalle righe traspare il suo divertimento nello scrivere - ma profondo, e sembra non prendersi sul serio. Forse è questa la sua dote migliore. Una sorta di naturalezza e di freschezza che disarmano il lettore.
Due in Uno è la sua terza opera: mi sono lasciata sfuggire Arabi danzanti e E fu mattina. Provvederò. Perché Sayed Kashua merita, merita quanto Franzen, quanto Haddon e quanto Bennett.
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